Il recupero dei sottotetti: le implicazioni condominiali del decreto “Salva Casa

Il recupero dei sottotetti rappresenta una tematica di crescente interesse nel mondo immobiliare e condominiale, specialmente alla luce delle recenti modifiche normative introdotte dal decreto “Salva casa” (D.L. 69 del 29 maggio 2024, convertito con modifiche dalla legge 105 del 24 luglio 2024).

Questa normativa ha introdotto disposizioni che agevolano il recupero abitativo dei sottotetti, con rilevanti implicazioni sui rapporti condominiali e urbanistici, incidendo direttamente sulla gestione degli spazi nei fabbricati esistenti e sulle possibili trasformazioni edilizie consentite ai privati.

Il quadro normativo

La disciplina dell’attività edilizia è regolata dal D.P.R. 380 del 6 giugno 2001 (Testo Unico dell’Edilizia), che stabilisce le competenze tra Stato e Regioni in materia. L’art. 2-bis di tale decreto consente alle Regioni di introdurre deroghe sui limiti di distanza tra fabbricati, influenzando significativamente gli interventi edilizi, inclusi quelli relativi ai sottotetti.

Con l’introduzione del comma 1-quater dell’art. 2-bis, il decreto “Salva casa” ha previsto che il recupero dei sottotetti sia sempre consentito nei limiti stabiliti dalle leggi regionali, anche se non vengono rispettate le distanze minime tra edifici e dai confini, a condizione che:

  • vengano rispettate le distanze vigenti al momento della costruzione dell’edificio;
  • non siano modificate forma e superficie del sottotetto;
  • venga rispettata l’altezza massima prevista dal titolo edilizio originario.

Questa norma rappresenta una semplificazione importante, poiché permette interventi edilizi anche in contesti urbanistici particolarmente vincolati. Tuttavia, lascia aperte diverse questioni interpretative, in particolare per quanto riguarda il rapporto con la disciplina paesaggistica e con eventuali vincoli imposti dai piani regolatori locali.

La destinazione del volume ricavato dal recupero del sottotetto

La norma in parola tace però in merito alla destinazione del sottotetto; in altre parole, non si comprende se la norma sia indirizzata a considerare il recupero del sottotetto nella sola previsione della sua adibizione ad abitazione oppure ne permette qualsiasi utilizzo.

Cercando di ricavare l’interpretazione del legislatore dalla lettura del testo normativo emergono due possibili interpretazioni:

  • interpretazione restrittiva: si potrebbe sostenere che la norma limiti il recupero del sottotetto alla sola destinazione abitativa, basandosi sull’esplicito riferimento all’“ampliamento dell’offerta abitativa” e alla riduzione del consumo di nuovo suolo;
  • interpretazione estensiva: un’altra tesi potrebbe essere invece che il recupero dei sottotetti possa riguardare anche usi diversi dall’abitazione (magazzini, uffici, depositi), poiché l’obiettivo dell’incremento abitativo è solo uno degli scopi della norma. Inoltre, potrebbe esistere il caso in cui il proprietario del sottotetto non possieda unità abitative nello stesso edificio.

Alla luce della duplice lettura evidenziata, parrebbe comunque più corretto, coerentemente con la ratio con la quale è stata promulgata la legge, propendere per un’interpretazione restrittiva limitata alla finalità abitativa. Ciò non esclude, però, che il recupero possa includere spazi accessori con destinazione residenziale, se funzionalmente collegati all’abitazione.

Questa distinzione potrebbe risultare particolarmente rilevante nei contesti urbani ad alta densità abitativa, dove la riqualificazione di spazi inutilizzati può rappresentare un’opportunità sia per il singolo proprietario che per l’intera collettività.

Recupero dei sottotetti in condominio

Il recupero dei sottotetti in ambito condominiale solleva diverse questioni giuridiche, tra cui la proprietà del sottotetto e la natura degli interventi.

Secondo l’art. 1117 cod. civ., i sottotetti sono considerati parti comuni del condominio se destinati, per caratteristiche strutturali e funzionali, all’uso comune. In mancanza di titolo contrario, si presume che il sottotetto appartenga al proprietario dell’ultimo piano se ha la funzione di isolamento termico. Tuttavia, se presenta dimensioni e caratteristiche tali da consentirne l’uso autonomo, può essere considerato di proprietà condominiale.

Se il sottotetto è di proprietà comune, l’intervento di recupero costituisce un’innovazione ai sensi dell’art. 1120 cod. civ. e deve essere approvato dall’assemblea condominiale con la maggioranza qualificata prevista dall’art. 1136, comma 5, cod. civ. Inoltre, la delibera dovrà prevedere la costituzione di un fondo speciale per la copertura dei costi, come disposto dall’art. 1135, comma 1, n. 4, cod. civ.

Se il sottotetto è di proprietà esclusiva, l’intervento è regolato invece dall’art. 1122 c.c., il quale vieta opere che rechino danno alle parti comuni o pregiudichino la stabilità, la sicurezza o il decoro architettonico dell’edificio. In tal caso, il condomino è tenuto a informare preventivamente l’amministratore, che riferirà all’assemblea.

L’art. 1127 cod. civ. disciplina la sopraelevazione come la realizzazione di nuovi piani che superano l’altezza dell’edificio. Tuttavia, nel caso di recupero del sottotetto, non si ha sopraelevazione se:

  • non vengono modificate le murature perimetrali;
  • non vi è incremento della volumetria oltre i limiti esistenti.

Tuttavia, è comunque possibile innalzare la copertura di porzioni dell’edificio che risultano più basse della quota massima già consentita.

Il recupero del sottotetto può incidere sui valori proporzionali delle unità immobiliari e determinare una modifica delle tabelle millesimali, ai sensi dell’art. 69 disp. att. cod. civ., se altera il valore proporzionale di un’unità immobiliare per più di un quinto. Questo aspetto è rilevante soprattutto se il sottotetto recuperato è di proprietà esclusiva.

 

ProductConsulente Immobiliare||n. 1200|di Dario Balsamo – Avvocato